La strategia introdotta con la Comunicazione n. 640 della Commissione europea, nota come European green deal, attraverso la quale i 27 Stati membri hanno assunto l’impegno di azzerare le emissioni climalteranti, ha effetti anche ed inevitabilmente in relazione al servizio idrico integrato.
L’European green deal impone agli Stati membri misure che privilegino la riduzione degli sprechi e il recupero della risorsa idrica.
Il riordino della materia del servizio idrico integrato della Regione siciliana è avvenuto ad opera della Legge regionale 19/2015, frutto di un intenso lavoro del Parlamento regionale e del Forum siciliano dei movimenti per l’acqua pubblica.
L’obiettivo del Legislatore regionale è stato quello di produrre un testo quanto più aderente possibile alle risultanze emerse dal Referendum popolare del 2011 e dunque fornire un servizio idrico di carattere pubblico e di interesse generale.
Gli effetti della Legge regionale n. 19, sebbene siano trascorsi più di sei anni dalla sua approvazione, stentano a maturare a causa di un apparato amministravo purtroppo ancora farraginoso. I ritardi nella costituzione della nuova compagine di governo degli Ambiti territoriali idrici (ATI), si riflettono a loro volta sugli strumenti di pianificazione e soprattutto su quelli di programmazione delle attività da porre in essere.
Questa situazione difficile produce effetti negativi anche sugli impegni connessi alla progettazione che permetterebbe di intercettare i finanziamenti messi a disposizione dall’Unione europea per l’ammodernamento delle reti e delle infrastrutture del servizio integrato, come ad esempio quelli previsti dal PNRR.
Per superare queste difficoltà è necessario promuovere la costituzione di una cabina di regia regionale presso l’assessorato competente, per consentire un maggiore coordinamento e una maggiore efficienza a livello centrale, che però non stravolga l’architettura organizzativa disegnata dalla Legge del 2015.
Parlando di acqua pubblica, non può tacersi sulla depurazione del refluo. In Sicilia risultano censiti dall’Arpa 438 impianti. Il 18% non risulta attivo, altri sono privi dei campionatori automatici, altri ancora sono fermi perché obsoleti dal punto di vista tecnologico e dimensionale ed alcuni addirittura versano in totale stato di abbandono.
Dei 438 impianti solo il 20% opera con autorizzazione allo scarico in corso di validità.
Il sistema depurativo siciliano risulta essere tra quelli meno efficaci in Italia, con 4 procedure di infrazione a carico e in maggior numero di agglomerati sottoposti ad indagine dall’Unione Europea.
L’unica via d’uscita è che la Regione Siciliana costruisca una solida rete di collaborazione col Governo centrale ed in particolare con l’ufficio del Commissario nazionale alla depurazione, affinché si possa addivenire ad una rapida risoluzione, quantomeno degli agglomerati più a rischio.