L’urbanistica, o più propriamente il governo del territorio è il dominio delle attività che a vario titolo insistono sullo spazio in cui viviamo, dalla più classica pianificazione urbana, alla tutela del paesaggio, alle attività economiche, ma anche a quelle industriali (si pensi ai SIN o alle AERCA e le relative bonifiche), ai servizi essenziali a rete, come le infrastrutture per la gestione dei rifiuti, della risorsa idrica, dei trasporti o dell’energia.
L’interconnessione degli strumenti di pianificazione, per troppi anni assente, deve diventare la chiave di lettura del territorio.
L’approccio non può più essere settoriale, ma olistico: non può più esistere un piano urbanistico che dispone una prescrizione e un piano paesaggistico che la escluda, o peggio che un piano di sviluppo economico (come il Piano energetico ambientale della Regione siciliana, PEARS) preveda infrastrutture che poi si rivelano inconciliabili con i piani di gestione dei Siti di interesse comunitario (SIC).
D’altronde è inevitabile che si proceda diversamente. Basti pensare che la Sicilia vanta la più alta percentuale di territorio vincolato: 12% tra parchi e riserve; 23% se si includono anche le zone umide, le IBA, le SIC e le ZPS. Ciò dimostra che pianificare senza tenere in considerazione già soltanto i vincoli a tutela dell’ambiente, significa fare un lavoro inutile.
L’approvazione della Legge regionale 19/2020 ha introdotto in Sicilia una nuova disciplina sul governo del territorio, andando a sostituire la storica Legge regionale 71/1978.
La nuova disciplina ha contribuito ad innovare aspetti che da troppo tempo aspettavano di essere aggiornati, come il coordinamento con la pianificazione di area vasta o i tempi di approvazione dei piani comunali o gli strumenti a tutela della sostenibilità ambientale.
Ognuna di queste norme rappresenta per il prossimo Governo una sfida.
La Regione siciliana oggi possiede molti strumenti in più rispetto al passato per affermare principi che prima neppure erano contemplati, come il consumo di suolo tendente a zero, o il recupero urbanistico attraverso la rigenerazione del costruito, od ancora la pianificazione coordinata a tutti i livelli, dal più locale fino a quello regionale.
Molti di questi istituti, sebbene siano trascorsi due anni dall’approvazione della Legge n. 19 non sono ancora dotati di decreti attuativi e pertanto non possono dispiegare gli effetti per i quali sono stati concepiti.
In questo senso, il prossimo Governo avrà il compito di accelerare questo processo e fare in modo che ogni Comune siciliano possa ridisegnare il volto del proprio spazio urbano alla luce dei principi sottesi alla nuova normativa.
Parlando di urbanistica, infine, non può tacersi sul fenomeno dell’abusivismo edilizio che rimane ad oggi una questione irrisolta.
La strada maestra resta (e deve restare) il ripristino della certezza del diritto attraverso una legislazione chiara e non più dettata dall’emergenza, che sia in grado di restituire al territorio la capacità di rispondere alle mutevoli esigenze della società, nel rispetto del suo ambiente. Ecco perché risulta non più procrastinabile una norma che chiarisca la portata del III condono edilizio in Sicilia.